
Ho imparato che chi pratica la filologia non è mai parco di ottime conoscenze di storia dell'arte.
Sono tentato quindi dal credere che Miguel Gotor abbia scelto lui stesso la copertina dell'ultima sua fatica: "
Il Memoriale della Repubblica - Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l'anatomia del potere italiano" (Einaudi, 2011).
Il Ritratto d'uomo conservato a Torino, provenente dalla raccolta Trivulzio, è firmato da Antonello da Messina e datato 1476. Il personaggio effigiato, di cui non è nota l'identità, ha sempre esercitato un grande fascino per l'espressione enigmatica che ben si addice al tema trattato.
Viene riprodotta sulla prima di copertina solo un sezione del quadro (il 'quarto' in alto a destra), ma non credo che la scelta sia riferita alla parzialità del memoriale di cui tratta il testo. La ragione in questo caso è di natura grafica: quasi ad eliminare il contesto storico del quadro per accentuare l'espressione dell'occhio con la sua sopracciglia impertinente. Icona del piglio del potere, fuori dal tempo.
Non è invece fuori dal tempo, ma suoi precisi meandri, tutta l'analisi svolta sui fatti che ruotano intorno agli scritti di Aldo Moro dalla prigione delle Brigate Rosse.
Abbiamo più volte ripetuto (aggiungere i link) che storia e storici si erano tenuti lontani dagli anni di piombo, salvo quando hanno prodotto o memorialistica di dubbia fede, o parziali reportage giudiziari dagli atti degli archivi dei tribunali italiani.
Ci voleva forse un filologo per fare la storia: almeno quel pezzo particolare di storia recente che è il culmine degli anni di piombo, l'attacco al cuore dello Stato, il 1978.
(continua)