
I presidi di questa mattina in piazza Castello a Torino con le bandiere
delle triplice sindacale o quelle di ieri davanti al Comune sotto le
insegne dell'ANPI, sono una riposta politica ad un fatto impolitico, o
almeno ancora pre-politico. Forniscono una risposta che non comunica
nulla al movimento "9 dicembre". I piani semantici fanno parte di mondi
diversi: i forconi con il tricolore rimandano ad un concetto di unità
(il vago e spesso disprezzato termine 'patria'); le risposte
propongono insegne di parte, note da 70 anni. Idem sul piano delle
rappresentanza: i forconi non hanno (ancora) veri leader, i secondi ce
li hanno.
E' davvero inquietante che nessuno si accorga dell'analogia
con quanto è capitato negli ultimi anni in quella che è chiamata
"primavera araba": vessilli nazionale senza leader, da una parte;
vessilli di parte e rappresentanze dell'establishment, dall'altra.
La considerazione per me preoccupante, al momento, è che l'analogia
avviene con le rivolte dei paesi del "Sud" (finite per ora male) e non
con quelle analoghe del "Nord", cioè i movimenti occupy/indignatos, i
quali non hanno provocato nessuna particolare reazione, se non il
normale contenimento delle forze dell'ordine…
Insomma, l'errore più grande da parte del ceto dirigente del paese è stigmatizzare questo composito movimento, attribunoli etichette, come fascista, antidemocratico, anticostituzionale; o chiedere il pugno di ferro da parte delle forze dell'ordine. Questo atteggiamento infatti agevola la vittimizzazione di tale movimento, avviandolo verso un processo di radicalizzazione assai più pericoloso ed eversivo degli atti intimidatori che abbiamo visto fino ad oggi nelle piazze.
Invece di vecchie risposte politiche, servono risposte forti nelle 'policies', non solo economiche, ma soprattutto di riassetto e fiducia tra rappresentanti e rappresentati. La nuova presenza di Matteo Renzi al Nazzareno, temo possa essere giunta fuori tempo massimo...